Un giorno vidi mia figlia piangere, a bordo della mia barca da pescatore. Era una notte limpida di Agosto. Le belle di notte, viola, gialle, rosse erano aperte al massimo del loro splendore ed i pesci sguazzavano, giocherelloni, nell’acqua antistante quel porticciolo. La luna era alta e luminosissima nel cielo. Non capivo perché mia figlia piangesse a dirotto ed il mio cuore, era devastato da tali lacrime. Le chiesi:
“Figlia mia, cosa ti fa piangere così tanto?”
Mi rispose
“Voglio raggiungere la luna, ma non ci riesco. La vedo riflessa su quest’acqua limpida e questo mi fa ancora più male. Mi sembra vicina, eppure è lontana. Che devo fare per raggiungerla?”
La guardai con occhi amorevoli, ci pensai un attimo, presi un piede di porco ed un martello. Mi avvicinai alla mia seconda barca ed incominciai a smontarla. Ogni notte per 7 giorni ai pianti di mia figlia, disperata, le regalavo un pezzo di legno della mia barca. Ogni notte, mia figlia mi guardava sdegnata e mi rimproverava:
“A che serve questo pezzo di legno? non me ne faccio niente. Voglio la luna”
Al 8° giorno la seconda barca era completamente smontata. Con stupore, mia figlia, mi vide avvicinarsi con il martello ed i chiodi ed ancora amorevole, nonostante i rimproveri dei giorni precedenti, le chiesi:
“Dove hai buttato i pezzi di legno che ti ho regalato le notti precedenti?”
Mia figlia con il muso e sempre più capricciosa, mi indicò l’altro angolo della barca, opposto a quello dove soleva piangere, ogni notte, alla vista della splendida luna. Le dissi
“Dammi una mano, costruiamo una scala insieme”
Fu in quel momento che mia figlia colse, che erano giorni che volevo aiutarla e che quell’aiuto le serviva. Aveva perso solo tempo a non aiutarmi a smontare l’altra barca. I tempi erano maturi per lei. Stava incominciando a valorizzare il mio aiuto. Ci mettemmo tutta la notte dell’ottavo giorno a costruire una scala. Scalino, dopo scalino, martellata, dopo martellata, la scala fu pronta nel pieno della scura notte.
Fu allora che presi la mia prima barca e con mia figlia mi inoltrai nel profondo di quel mare. Le luci non si vedevano più dove decidemmo di fermarci. La luna sembrava più grande e limpida da quel posto. Il profumo del mare era pungente ed un delfino passò a salutarci mentre tiravamo i remi in barca. Un attimo di pausa, per prendere un respiro profondo e per consentire che la barca raggiungesse il proprio equilibrio e presi la scala, la poggiai sull’angolo della barca dove mia figlia soleva piangere e le disse:
“Ora sali figlia mia”
Mia figlia, con fatica salì ogni scalino fino a raggiungere la luna e tutte le sue stelle. Aveva capito, aveva visto finalmente. Si era data da fare, aveva preso consapevolezza con il tempo, che la scala era il mezzo per raggiungere la luna e che le stava indicando, con la mia esperienza, la strada per raggiungere la sua luna sin dall’inizio. Divenne grande in quel momento. Capì che se voleva ottenere la luna, doveva darsi di fare e farsi aiutare, se serviva. Era finalmente pronta per camminare e salire da sola le scale della vita.
Udito – Musica consigliata: London Grammar – Shyer
Gusto: acqua salata
Olfatto: odore del mare
Tatto: Barca di legno
Immagine: Miki Carone – Vogliolaluna – Monumento ai marinai di Polignano a Mare