Dedicato Al professor Bissanti – C’è una differenza sostanziale, nelle città, tra spazio reale e spazio percepito. Ognuno di noi ha una percezione tutta sua degli spazi che sono presenti e li vive e li sente, in maniera diversa
Ore 16.40 del sabato. Ho un po di tempo a disposizione per iniziare il giro turistico del centro di Berlino dopo la visita al campo di concentramento. Ottimo.
Che faccio? quello che mi piace fare di più in queste situazioni. Improvviso. Scendo a Potsdamer Platz con il mio amico Olandese. Ci scambiamo i numeri di telefono e ci ripromettiamo che se passiamo dalle nostre parti, ci avvisiamo. Mi guarda con occhi profondi. Ci guardiamo con l’affetto di due persone che hanno fatto insieme un esperienza molto forte. Afferma che sono veramente una bella persona e molto simpatico. Contento di non essere pesante per tutti, lo saluto:
“E’ stato un vero piacere, conoscerti, Mark”
Difficilmente ci rivedremo, ma Mark è il classico personaggio che ti rimane nella mente per lunghissimo tempo, nonostante ci siamo incrociati solo per poche ore.
Faccio un giro per la piazza. Enorme. Ancora una volta, l’omone moderno che prende a pugni e sottomette, il resto delle anime di Berlino. Centri commerciali enormi. Il Sony center, in particolare è nella sua grandezza, assolutamente impressionante. Ma questi grossi palazzoni, quasi nascondono e rendono poco valorizzati, l’esempio del primo semaforo in Europa, presente in piazza e la Kaisersaal. Un frammento, posto sotto tutela artistica, del Grand Hotel de Esplenade. Un Hotel storico costruito a Berlino del 1907 e per lungo tempo unico elemento rimasto in piedi dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Per la costruzione del Sony Center, fu effettuata un operazione complessa di spostamento di tale sale di 75 m. Al centro della piazza, a ricordare il collegamento tra Berlino ed il cinema, una strada con tante stelle a terra ed i nomi di personaggi famosi. Una imitazione della strada delle stelle di Hollywood.
Proseguo in direzione sud, verso il museo “topografia del terrore”. In questa zona era presente il quartier generale delle SS. Qui sono state progettate tutte le abominevoli operazioni del regime nazista di cui siamo a conoscenza. Il museo non è niente di eccezionale, a mio parere. La cosa che colpisce, appena fuori è il tratto più lungo del rimanete muro di Berlino (circa 80 m). Mi fermo a leggere un cartellone informativo, lì vicino, lo osservo. La sensazione di claustrofobia nelle sue vicinanze è palpabile. Sfioro, quel muro che ha creato sofferenze e separazioni e per un attimo non sento più il freddo che continua a martellarmi la faccia.
Mi approssimo al Check Point Charlie. Più mi avvicino, più si fa vivida nella mia mente, la famosa foto del soldato della Germania dell’Est, che in servizio a quel check point, in un attimo di distrazione generale dei compagni intorno, salta il groviglio di filo spinato per passare dall’altra parte. Mi immagino, la paura e la corsa disperata con l’angoscia che ti possano sparare da un momento all’altro. Osservo il famoso cartello
“You are leaving the American sector”
ed osservo la pantomima al check point, di finti soldati americano, che si danno il cambio della guardia. E’ un posto estremamente simbolico per Berlino e al solito, mia mania, mi avvicino e sfioro con mano la storia. Difficile credere, che in questa zona, fino a poche decine di anni fa ci fosse un aria tesissima e quanto fosse tesa, ne avrò dimostrazione il giorno stesso ed il successivo. Agli angoli dell’incrocio dove è presente il check point vi sono due mostre. Una è un installazione, black box, in cui viene raccontata all’interno, con video ed ausili scritti, la guerra fredda (5 euro). Onestamente non mi è piaciuta tantissimo. La seconda mostra (su cui la welcome card, mi ha consentito di avere un sconto), riguarda un istallazione multimediale (The wall – Asisi – Panorama Berlin), che ti simula la presenza del muro crollato per le strade. All’interno di un spazio semi circolare, sulle pareti sono proiettate, immagini dell’epoca con il muro alzato. Scorrono le voci dei personaggi politici e non protagonisti della storia. La sensazione di claustrofobia che doveva dare il muro, mi viene confermata da questa installazione. Favolosa. Sentire le voci e guardare le immagini sulle pareti del muro, è emotivamente coinvolgente.
Meno emotivamente coinvolgente è il resto del percorso che decido di fare successivamente. Prendo Friedrichstrasse, per arrivare ad Under den Linden, la strada principale del centro di Berlino. Negozi ovunque. Di cui moltissimi italiani. Un po freddina come zona. Certo le luci dei negozi, con la sera che sta scendendo, fanno un bel effetto. Ma che particolarità ha questa zona. Assolutamente niente. Arrivo sulla strada principale di Berlino (Under den Linden). Sarebbe bellissima se non ci fossero cantieri ovunque (stanno costruendo la metropolitana U5 la sotto). Vado in direzione Alexanderplatz. Ci sono degli edifici interessantissimi visti dall’esterno. L’Università Humboldt ad esempio e mi colpisce molto, anche la grandezza dell’isola dei musei ed il Duomo di Berlino che cerco di visitare. Troppo tardi. Le visite si possono effettuare fino alle 18. Sulla strada, una bancarella che vende oggetti di derivazione sovietica o riproduzioni (non so). Mi colpisce una maschera antigas che compro contrattando sul prezzo. Qui ho dimostrazione dell’aria di tensione della zona. Mi sono informato successivamente e la maschera era diffusissima nelle zone sovietiche e controllate (tra cui Berlino Est). Doveva essere utilizzata dalla popolazione civile, in caso di attacco atomico americano. Destino. Scopro successivamente che la maschera è originale ed è del 1979. Mio anno di nascita. Arrivo ad Alexander Platz. Solito clichè. Chiesa del XIII secolo in piazza, sovrastata dal famoso antennone televisivo della piazza. Sono stanchissimo. E’ arrivato il momento di tornare dalle parti dell’albergo ed andare a mangiare.
Finalmente il primo approccio con la metropolitana berlinese. Considerato la tendenza della città, ti aspetteresti una metropolitana iper moderna. Invece no. La sensazione è quella di un tuffo nel passato. Vagoni giallo canarino, che m i fanno molto videoclip inizi anni 80. Mangio dalle parti dell’albero come se non ci fosse un domani, carne. Bevanda da bere? Ovvio, birra. Tornato in stanza, scopro collegandomi in wi fi della morte del professor Bissanti, l’uomo che per primo mi ha fatto capire la differenza tra spazio reale e spazio percepito, soprattutto nelle città. Colui che mi ha introdotto ed inculcato la passione per lo studio degli aspetti comunicativi dell’uomo. La notte è agitata, non so se per le esperienze della giornata, per ragioni personali, la morte del professore o altro. La sindrome dello scrittore a questo punto prende possesso di me ed incomincio a scrivere questa storia. Ma devo cercare di dormire, il giorno successivo mi aspetta una maratona a piedi.
TO BE CONTINUED
Udito – Musica consigliata: Birdy – The A Team [Live]
Gusto: birra
Olfatto: birra
Tatto: pietra