Una volta, incontrai per strada, Alberto, il professore emerito di matematica, con cui una decina di anni prima, avevo fatto la tesi universitaria.
“Professoreeee”
Lo chiamai. Lui si girò con i suoi occhiali mezzi scesi sul naso, cercando di capire, nei suoi difetti di vista, chi fosse il rompiscatole, che lo stava importunando. Era ormai, anziano, ed il suo caratteraccio, famoso tra tutti gli studenti della facoltà, con l’età, non aveva fatto che accentuarsi. Il suo aspetto era sempre quello, in inverno. Cappottone lungo e scuro e sotto il braccio destro, il suo immancabile quaderno di fogli bianchi e appunti, con relativa penna, incastrata tra i fogli.
“Si ricorda di me? Sono Carlo Frascati, ho fatto con lei una decina di anni fa, l’esame di Matematica e mi ha seguito anche la tesi. So che sono passati molti anni”
Una cosa che non mancava al professore, era la memoria. Ferrea, come solo un professore di matematica, di vecchio stampo, potrebbe averla.
“Certo, che mi ricordo di te. Sei quello sbarbatello, che se ne andava in giro sempre, con quel vespino blu, come i tuoi occhi”
Ridacchiava mentre lo diceva. Del resto, ad averci a che fare, dopo un po, scoprivi, che dietro il suo aspetto burbero, il suo cuore era dolce e mansueto. Bisognava solo saperlo prendere. Ma una volta trovata la chiave di volta, per aprire il suo cuore, il flusso dei suoi pensieri saggi, ti riempiva la vita, inducendoti a riflessioni profondissime, su te stesso.
” Carlo, che mi racconti? che stai facendo nella vita?”
disse seriamente interessato.
“Professore, va tutto benissimo. Sono responsabile di Ricerca e Sviluppo di una grossa multinazionale. Sto avendo un grandissimo successo. Guadagno tantissimo, anche se le responsabilità sono enormi”
gli dissi
“Ma, ti piace il tuo lavoro?”
replicò, guardandomi con quegli occhi profondamente scuri, come profonda era la mia paura, quando mi fissava, mentre mi interrogava, all’epoca, per l’esame e per la tesi. Un brivido mi colse che mi fece tornare indietro nel tempo, di alcuni anni, quando, forse, la mia vita era più semplice.
“Professore, a dir la verità, non saprei risponderle, se mi piace effettivamente il mio lavoro. Alcuni aspetti si, altri un po meno”
ed in quel mentre storsi la bocca.
Ci fu un silenzio assoluto di un paio di secondi, tra di noi. Il silenzio era assordante e quasi imbarazzante. Il professore mi osservo con sguardo ancora più profondo.
“Carlo, perché non te ne vieni con me, se non hai altro da fare? Fai compagnia ad un povero vecchio”.
Il professore mi cinse il braccio
Camminammo, un paio di minuti, ed entrammo in un parco a poca distanza di li. Ci godemmo, nel tragitto, un silenzio diverso. Quello della pace, di chi si gode il paesaggio della natura, per quanto urbana.
Una panchina sembrava aspettarci ai lati di un sentiero. Ci approcciamo a lei, come ad una vecchia amica che non vediamo da anni. Lunghi erano i discorsi che ci eravamo fatti, in passato, con il professore, su una panchina come quella, insieme ad altri studenti, parlando non solo dell’Università, ma anche della vita.
Ci sedemmo comodamente ed il professore, prese il suo quaderno, lo aprì su un foglio bianco e mi disse:
“Carlo, ti voglio rivelare un segreto, dato che mi hai detto che hai successo. Ti svelerò la formula per il successo reale e per averne sempre di più, nella vita”
Mi sorrise
“Te la scrivo su questo pezzo di carta. ti dovrebbe essere familiare. Mi disegni, per cortesia, un esempio qualsiasi, di grafico, di questa formula?”
Il Professore prese a scrivere sul foglio:
Mi passò il foglio, facendomi cenno di disegnare.
“Facile”
gli dissi, con il sorrisetto di quello che pensava,
“Ma vedi questo. Pensa ancora, che sia lo sbarbatello dell’epoca”
Il mio disegno fu questo:
Guardò il disegno e mi disse:
“Bravo, all’aumentare della X, aumentano anche i valori di y, cioè f(x). “Mettiamo che f(x) sia il successo”
continuò
“Se aumenti i valori di X, sul grafico, il tuo successo aumenta. Per assurdo, se il valore che dai ad x, fosse positivamente infinito, anche il successo sarebbe positivamente infinito. Giusto?”
gli dissi:
“Si”
ma non sapevo, ancora, dove volesse arrivare.
“Bene”
continuò
“Ora ti spiego che cosa c’è dietro quella X, il cui valore elevato comporta, grande successo nella vita.
X=E+A+Em*((V)*(C))
Dove
E=Energia, che ci metti nel fare qualsiasi cosa
A=Amore. Devi amare profondamente quello che decidi di fare in tutti i settori della vita
Em=Emozione. se non provi emozione, per quello che fai, fatti qualche domanda.
A questi tre, ci sono due variabili, che sono ancora più importanti. Sono moltiplicatori del tuo valore di X.
V= La verità. Raccontarti la verità su quello che effettivamente vuoi dalla vita, non è un concetto così semplice, come si pensa. C’è chi passa la vita a raccontarsi bugie, anche senza rendersene conto. Il tutto perché è più comodo, nel breve non affrontare alcune verità. Ma affrontare la verità su quello che vuoi realmente nella vita, con tutte le sue conseguenze e difficoltà, ti porta alla lunga ad essere una persona più di successo. Più piena e soddisfatta.
C= Coraggio. Coraggio nel perseguire ciò che è la verità. Ciò che il cuore prima e la mente dopo, ti dicono sia quello che vuoi realmente nella vita.”
Incominciai a capire dove andava a parare. Ancora una volta, non voleva convincermi di qualcosa, ma aiutarmi a riflettere. Aveva capito, che forse, in quel momento avevo bisogno che qualcuno, mi facesse notare, che non mi stavo raccontando la verità e che non avevo il coraggio di affrontare, quello che effettivamente, volevo dalla vita.
Gli dissi solo
“Grazie per la lezione professore”
con un sorriso scherzoso ed ironico, facendo finta di sminuire quello che mi aveva detto. Da uno sguardo, però, ci capimmo. Avevo appreso il suggerimento.
Alla fine della chiacchiera, gli impegni mi pressarono e lo salutai calorosamente. Mi regalò quel foglio e da quel giorno, non lo rividi più. Scopri più tardi, che qualche giorno dopo, aveva lasciato il mondo terreno, per insegnar matematica e lezioni di vita in cielo, forse, anche, al “Signore” in persona. Sarebbe stato capace.
Fu una lezione grandiosa, l’ultima che mi diede e mi svoltò la vita. Appesi quel foglio sul muro dello studio di casa ed ormai, ogni volta che devo fare qualcosa, valuto se sto debitamente considerando, i valori delle mie cinque variabili e se la mia X tende il più possibile all’infinito.