1968, Bari. Un nuovo fenomeno socio culturale, muove grandi moli di persone, con la loro forte carica di contestazione sui pregiudizi socio politici. Ma a me, che importa. Vivo interessandomi poco di politica del mondo, almeno per oggi. Sono giovane, ho 22 anni e l’unica cosa che mi interessa, è giocare. La politica la lasciamo al domani. Quel pallone bianco, è tutto il mio mondo, è tutta la mia politica di vita. Sono anni che mi alleno. Salti in alto a ripetizione sul muro, piegamenti sulle braccia, palle mediche per rinforzare le braccia. Per me, sono importanti le braccia ed i polsi, se no, che alzatore sarei. Si, sono alzatore ed il mio allenatore si diverte a farmi alzare anche di testa, quando decide. Lui dice, che serve ad esercitarsi ad orientare meglio il corpo, verso il punto in cui il mio schiacciatore impatterà la palla. Bhà sarà . A me basta semplicemente giocare. Che mi interessa, se le regole nel 1968 sono cambiate, se la seconda linea è stata portata a 3 m invece che 2,1 m. Che mi frega, se si può schiacciare anche dalla seconda linea. Bhè forse questo un po mi importa. Devo considerare anche questa nuova regola, per variare il mio gioco. Ma alla fine, la pallavolo è la pallavolo. Cambieranno sempre e chissà quanto regole, ma la palla sempre rotonda rimane.
Oggi è il gran giorno, l’occasione di una vita, mi sono preparato per anni. Un torneo internazionale, una squadra italiana (noi), una francese ed una tedesca dell’est. Che bello, giocare con altre persone, di altre nazioni. Ma che importa, se parliamo lingue diverse, letteralmente. Di cuore, parliamo la stessa lingua che ci accomuna, la pallavolo. Maestra di vita. Eccola la mia compagna, la palla. Inizio a giocare ed alzo, come non ho mai alzato in vita mia. La mia concentrazione è altissima, i mie compagni schiacciano e fanno quasi sempre punto. Vinciamo il torneo. Alla fine con occhi orgogliosi, tutti noi guardiamo quella palla, insieme ai nostri amici di altre nazioni. Mangiamo e beviamo e ci divertiamo alla fine del torneo, che racconterò ai mie figli ed ai mie nipoti. La pallavolo cresce, quell’anno affronterà la sua seconda olimpiade ed io cresco con lei di pari passo. Perché in fondo, io sono la pallavolo e la pallavolo è me. Anzi noi siamo la pallavolo, in tutti i momenti in cui giochiamo, a qualsiasi livello giochiamo. Trasmetterò i geni della pallavolo, ai mie figli ed ai miei nipoti e quando loro giocheranno, giocheranno con me, pallavolo. Perché la pallavolo e noi pallavolisti, rimarremo sempre uguali a noi stessi, nonostante i cambiamenti ed il passare del tempo. Perché chi ha giocato a pallavolo anche quarant’anni fa, proverà le stesse emozioni di chi gioca a pallavolo adesso.
Udito – Musica consigliata: London Grammar – Maybe
Gusto: birra
Olfatto:birra
Tatto:pallone pallavolo