Era il 27 Settembre 1981, Gran Premio del Canada. Guardo mio padre dagli spalti del circuito di Montreal, che sorride sotto la pioggia. Anche lui mi guarda con aria amorevole. Non si copre e non mi copre né con un ombrello, né con una mantellina. Lascia che quell’acqua fresca di Settembre mi scorra sulla pelle e faccia parte di me. Tra il rombo dei motori e il profumo di erba bagnata, le emozioni salgono. La partenza. I cuori ci balzano in gola, la mente vola ad una velocità folle e mio padre indossa la sua tuta da pilota e guida con l’altra parte di sé, Gilles. Si Gilles Villeneuve, un pazzo psicopatico alla guida della sua Ferrari. I primi giri. Mio padre sobbalza. Gilles tocca la Renault di Arnoux. Perde posizioni, cade, ma si rialza prontamente, quel testone di Gilles. Sembra posseduto da un spirito indomito che lo avvolge nel suo mantello di cavaliere del cavallino rampante. Nessuno è come lui. Inizia la rimonta, incomincia a correre, come corrono i nostri cuori e le nostre anime. Perché lui ha i nostri cuori e sono anche i nostri cuori a spingerlo, dalle tribune. I rombi dei motori si fanno sempre più forti, ma quello di Gilles è caratteristico. Il pubblico rumoreggia entusiasta al passaggio di quel matto, pure connazionale tra l’altro. 54° giro, dopo un recupero strabiliante, Gilles perde il suo alettone, ma non del tutto. Gli si para davanti all’abitacolo. Dal box gli dicono di rientrare, ma mio padre è lì fermo nella sua velocità, non si muove dalle sue posizioni e corre, corre sempre più forte. Si butta, come non si butterebbe nessun’altro. E’ convinto. Guida senza vedere, guida con una classe ed un arte che non hanno pari in Formula 1.
“Sei un pazzo, fermatiiii”
gli gridano
Ma lui niente, rischia la vita e l’anima per quel che crede. Dopo tre giri, l’alettone finalmente si stacca definitivamente, si staccano le ansie, le paure, i timori.
“Sei libero, Gilles, volaaaa”
gli grido dagli spalti.
Il mio grido so che gli arriva anche se non come voce, come sentimento sicuramente. Lui prende coraggio arriva terzo alla fine. Ha rischiato per ottenere il massimo e non si è accontentato. Ha vinto. Ha vinto perché è entrato nei cuori della gente, perché chi di cuore vive, entra nei cuori di chi sa ascoltare. Non vincerà mai un mondiale, ma tutti si ricordano di Gilles, per il suo spirito ed il suo cuore ed invece, molti campioni del mondo di Formula 1, sono polverosamente entrati nel dimenticatoio della storia.
Facile è correre quando hai la macchina più veloce, i tecnici più preparati, ma il cuore non si crea. Ce l’hai e passa. Gilles era mio padre ed una volta in sogno mi disse:
Jacques, figlio mio, anche se hai le ruote sgonfie, l’alettone che ti si para davanti, la macchina ammaccata e aereodinamicamente compromessa, anche se il tuo cambio non dovesse funzionare e la strada è di sabbia, tu prosegui con coraggio e mostra il tuo cuore ed il tuo valore. Il coraggio si mostra in questi attimi ed in questi attimi che fai la tua storia e quella degli altri.
Nella mia vita di pilota e di uomo ho preso esempio da quel sogno e da mio padre. Ho vinto un campionato del mondo di Formula 1 per mio padre e per tutti quelli che hanno il coraggio di andare avanti con le ruote sgonfie e la macchina rotta. La pioggia passa sempre. Kilometro dopo kilometro, giro dopo giro, il deserto prima o poi finisce e lascia spazio a paesaggi più vari e ricchi ed al sole pieno.