La pallavolo è un rito, una storia che si ripete all’infinito, ma sempre diversa. Lo sguardo un pò assonnato della domenica mattina, il caffè con i compagni di squadra prima della partita, le trasferte in giro per la Puglia, i canti e gli sfottimenti prima di giocare. Perché, come in ogni gruppo, c’è sempre qualcuno da sfottere o qualcosa su cui scherzare e ridere. La pallavolo è un rito che diventa magico, quando entri in qualsiasi palestra, palazzetto. Inizia il teatrino dello sport, farsa e vita nello stesso tempo. Qualcuno ha un gesto scaramantico da fare, un abitudine pre partita. L’arbitro ti chiama, il riconoscimento. Con aria concentrata, lui guarda il quaderno dei documenti ed il referto
“ Vi chiamo per Cognome, voi rispondetemi con nome e numero di maglia” dice
E’ un rito anche aspettare il tuo nome. Alcune volte è come aspettare che ti chiamino per un esame universitario. Un po’ di tensione pre partita, che non fa mai male. Finalmente arriva quel momento. L’arbitro nomina il tuo cognome e tu rispondi con il tuo nome ed il 7 come numero di maglia.
Esci, assapori l’aria, la polvere della palestra. In alcuni casi l’odore della gomma, caratteristico, ti rimanda a quando hai iniziato a giocare e non sapevi cosa fosse, il rito giocoso della pallavolo.
Inizia il riscaldamento, gli sfottimenti continuano. Giocherò, non giocherò. Solo il mister sa che caspita ha in testa. Volgi lo sguardo ai tuoi compagni. Post streching, incominci a palleggiare e già da là capisci se sei in giornata oppure no. Ci sono luoghi poi, in cui la percezione degli spazi, la luce, ti sono particolarmente favorevoli. Ci sono posti, palazzetti, palestre dove giochi sempre bene ed altri dove giochi sempre male e certe volte non capisci perché. La tensione sale, ma nello stesso tempo sale anche la gioia. Le schiacciate di riscaldamento. Quando sei giovane, pure nel riscaldamento tiri come un dannato, quasi come se fosse l’ultima schiacciata della vita, come se non ci fosse un domani.
“Ora vi faccio vedere, cosa vi aspetta”
pensi con grinta e guardi con aria di sfida gli avversari ad ogni schiacciata di riscaldamento fatta bene. Se poi riesci a chiuderla nei tre metri (rarissime volte) è l’apoteosi. Con l’età e l’esperienza impari a gestirti e pensi “quelle belle e forti le risparmio per la partita”. La grinta è la stessa, ma la consapevolezza è maggiore. Sai che si fa punto pure con i pallonetti e quando fai punto così, ridacchi sotto i baffi, di gusto.
Si, la pallavolo è un rito, anche nello sbirciare il tuo mister, mentre sul foglietto da consegnare all’arbitro ed all’addetto del referto segnapunti, scrive i numeri di coloro che giocheranno. Lì è come se ti trovassi di fronte ad un giudice che sta emettendo la sua sentenza. Non c’è scampo.
Sapete dove però si vede, giocando, che gran bel rito è la pallavolo. Nel fondamentale della battuta. Ognuno ha il suo vezzo preparatorio. Il mio è ad esempio, nella battuta al salto, palleggiare a terra sette volte (torna sempre questo numero) prima di battere ed alzarmi la pala con il braccio non della schiacciata. Tecnicamente sbagliatissimo, ma così è. Mi ricordo uno come Sartoretti, che batteva al salto prendendo la rincorsa storta. Ognuno, a tutti livelli, da quello basso come il mio, a quello più alto, ha il suo vezzo.
Finisce la partita ed il rito si conclude con un disciplinato saluto degli avversari e nel caso si è vinto, con festeggiamenti anche pazzi al centro del campo (spesso sempre gli stessi).
Che gran bel rito, la pallavolo, parabola e specchio di vita dai colori magici.
Consigli sulle modalità di lettura
Udito – Musica consigliata: The Fray – You found me
Gusto: Caffè
Olfatto: Caffè
Tatto: pallone di pallavolo
Da leggere all’interno di un palazzetto, palestra, spogliatoio
Sono curioso, hai dei tuoi riti quando pratichi lo sport?