La vita è una scala infinita, una serie continua di sali-scendi fatta di rose e di spine, di grigio e di rosso, vestita dello scorrer quotidiano del tempo. Eppur nella sua continua ripetitività, qualcosa di nuovo nell’infinito percorso, fa capolino dalle pieghe delle scale. Alcune volte, dai ruvidi pavimenti, spunta un granello di polvere che ti colpisce come un fendente di spada. Altre volte, dall’infinita serie di finestre, una tenera piuma di variopinto pavone compare giocando, sfiorandoti con sprezzante dolcezza. Anche quel rosso e quel grigio che ripercorre ripetutamente le pareti della tua struttura d’animo, non appaiono sempre uguali ai tuoi occhi. In alcuni momenti ti sembran più brillanti, altre volte, sfocati come i colori di un castello degli orrori in una giornata di tenebre. Ogni tanto nel mio lento incedere, ascolto le note di una canzone che, grimaldello, scardina le porte del mio cuore ed acuisce i miei sensi. E’ lì che scopro, con innocente semplicità, che la luce che scende da quel lucernario al centro dell’androne delle scale, illumina fievolmente e tremante le pieghe del mio cervello. Altre volte è la voce del vento che assorda le mie orecchie e mi rende più arduo il proseguir. Eppur proprio quando mi fermo, sfinito dallo sforzo, mi rendo conto che quelle scale non sono altro che dolce declivio di terreno, ricoperto d’erba. A volte basta uno sguardo diverso, per percepir la reale fatta di un oggetto composto della stessa materia dell’anima.